Art. 14. Esperienza di fede impegnata
§1. Il Salesiano Cooperatore accoglie lo spirito salesiano come dono del Signore alla Chiesa e lo fa fruttificare secondo la propria condizione laicale o ministeriale. Partecipa all’esperienza carismatica di Don Bosco, e s’impegna a promuovere l’umanesimo salesiano per costruire ragioni di speranza e prospettive di futuro per la persona e la società21.
§2. Vivendo la spiritualità salesiana, promuove un’esperienza “pratica” di comunione ecclesiale.
§3. Il Salesiano Cooperatore si affida alla Vergine Immacolata e Ausiliatrice quale guida della sua vocazione apostolica: essere vero “cooperatore di Dio”22nella realizzazione del Suo disegno di salvezza. Chiede a Maria, Ausiliatrice e Madre del Buon Pastore, l’aiuto e la forza necessaria per la salvezza propria e dei giovani. Il quotidiano affidamento a Maria caratterizza la spiritualità salesiana.
SCHEDA
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Nuclei tematici
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Fede impegnata
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Maria, prima cooperatrice di Dio
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Comunione ecclesiale
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Chiavi di lettura
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Il/la Salesiano/a Cooperatore/trice è chiamato/a a professare l’intera fede cristiana: il suo Credo è di tutta la Chiesa. Ma nella ricchezza dei misteri cristiani, lo Spirito Santo stesso lo/a guida a porsi al servizio del “ben- essere” fisico e spirituale degli uomini, specialmente quelli più bisognosi di aiuto e di speranza: «Il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,45).
Seguendo l’esempio e l’insegnamento di Gesù di Nazaret, la Chiesa e, in essa, l’Associazione SSCC si pone al servizio (diaconia) dell’umanità per annunciare il Vangelo e chiamare tutti alla pienezza della vita. È’ un servizio che, secondo le indicazioni del Magistero postconciliare comprende: il rinnovamento dell’umanità con opere sociali e con varie forme di intervento educativo; la testimonianza cristiana personale e comunitaria; l’annuncio esplicito del Vangelo con l’insegnamento religioso e la catechesi; il lavoro missionario tramite il dialogo interreligioso (specialmente la condivisione di vita e di preghiera), la collaborazione con appartenenti ad altre religioni per lottare contro situazioni ingiuste, e il loro accompagnamento quando si dispongono ad entrare nella Chiesa; l’animazione della preghiera, in particolare quella liturgica, della comunità cristiana; le molteplici iniziative di solidarietà umana e cristiana; le molte forme di cooperazione missionaria; la presenza evangelizzatrice in zone segnate da indifferentismo religioso o ateismo.
Formare «buoni cristiani e onesti cittadini» è intenzionalità più volte espressa da Don Bosco per indicare tutto ciò di cui i giovani necessitano per vivere con pienezza la loro esistenza umana e cristiana: vestiario, vitto, alloggio, lavoro, studio e tempo libero; gioia, amicizia; fede operosa, grazia di Dio, cammino di santificazione; partecipazione, dinamismo, inserimento sociale ed ecclesiale. L’esperienza educativa gli suggerì un progetto ed un particolare stile di intervento, da lui stesso condensati nel Sistema preventivo, che «si appoggia tutto sopra la ragione, la religione, e sopra l’amorevolezza».
Quando parliamo di Valdocco parliamo di Oratorio, ci riferiamo ai primi anni del quarto decennio del XIX secolo (1841-1846) in cui si configura l'oratorio festivo: scuola di catechesi, giardino di ricreazione', centro di alfabetizzazione, soprattutto per immigrati o comunque abbandonati soprattutto nei giorni non lavorativi.
L’Oratorio si configura come espressione giovanile primaria, capace di unificare e far esplicitare le vitalità a un insieme di ragazzi altrimenti stranieri uno all’altro; come struttura: Don Bosco insieme ai giovani più preparati (educatori e catechisti) alle associazioni che animano a praticare le virtù cristiane attraverso un’intensa attività religiosa, di cultura generale, di parte ricreativa, e con strutture elettive che costituiscono una prima forma di partecipazione e assunzione di impegni e responsabilità. Poi l’Oratorio a partire dal 1847 accoglie ragazzi più bisognosi tra gli 'abbandonati', con l'ospizio di Valdocco: centro di raccolta di ragazzi da collocare al lavoro o desiderosi di frequentare scuole della città; aperto ulteriormente ad altre possibilità di assistenza, di formazione professionale e culturale, di educazione. Dal 1855 al 1870 si delinea una svolta decisiva nelle azioni assistenziali e educative di Don Bosco: con la trasformazione graduale dell'Oratorio di Valdocco in internato-collegio sia per artigiani (1852-1862) che per studenti (1855-1859) prende corpo quel filone di attività che spingerà al secondo posto l'iniziale opera dell'oratorio, sempre 'primaria' sul piano ideale.
Valdocco da semplice luogo di ritrovo dei giorni di festa per il catechismo e i giochi diviene luogo di formazione globale, con l’aggiunta di tante strutture. Si ha presto il fenomeno della 'collegializzazione' (ospizi, collegi per studenti, internati con scuole professionali, più tardi pensionati, scuole per esterni) che almeno per un secolo assorbirà le maggiori (e migliori) energie della Società Salesiana e darà un 'volto nuovo' al sistema preventivo. Scuola quindi sia umanistica che professionale che propone: 1. istruzione professionale in vista di attività lavorativa; 2. istruzione di base per il proseguo degli studi, anche teologici; 3. educazione più larga possibile (canto, musica, teatro, gioco, passeggio), cristianamente orientata; 4. una nuova straordinaria apertura, non prevista nelle prime costituzioni approvate dalla S. Sede nel 1874, è l'iniziativa missionaria (dal 1875), introdotta in Argentina con un primo interesse per gli emigranti.
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I Salesiani Cooperatori, rileggendo le intuizioni e le esperienze di Don Bosco alla luce della rinnovata ecclesiologia conciliare e del magistero pontificio circa l'evangelizzazione, esprimono la loro azione di apostoli con formule diverse: servizio educativo pastorale, attuato secondo il Sistema preventivo; educare evangelizzando, evangelizzare educando»; educazione integrale nello stile del sistema preventivo; educare ed evangelizzare secondo la pedagogia della bontà; ed altre analoghe formulazioni.
Fondamentalmente i Salesiani Cooperatori attuano il loro servizio evangelico nella loro vita quotidiana con l’annuncio e la testimonianza.
È’ lo stesso Don Bosco a indicare alcuni elementi del cammino: (Roma,1878) coadiuvare i Salesiani “a far fronte e porre un argine all’irreligione e al mal costume ognor crescenti, che nelle città e paesi travolgono alla eterna rovina tanta povera ed inesperta gioventù», a «diminuire il numero dei discoli, che abbandonati a se stessi corrono grande
pericolo di andare a popolare le prigioni». (Genova 30 marzo 1882): «Noi li vediamo a scorazzare di piazza in contrada, di spiaggia in ispiaggia, a crescere nell’ozio e nel giuoco, ad imparare oscenità e bestemmie; più tardi li vediamo a divenire furfanti e malfattori; in fine, e il più delle volte sul fior dell’età, li vediamo a cadere in una prigione». (Lucca, aprile 1882): «Molte migliaia di giovani, in ben più di 100 Case, ricevono una cristiana educazione, vengono istruiti, avviati ad un’arte, ad un mestiere, che loro servirà per guadagnarsi onestamente il pane (...). Queste oblazioni vanno ad allevare questi giovanetti alla civile società, ad essere o operai cristiani, o soldati fedeli, o maestri ed insegnanti esemplari, o sacerdoti od anche missionarii, che portino la religione e la civiltà tra le barbare genti». (Torino 1° giugno 1885): l'opera salesiana va sostenuta «perché educa i giovanetti alla virtù, alla via del Santuario, perché ha per fine principale d’istruire la gioventù che oggidì è divenuta il bersaglio dei cattivi, perché promuove in mezzo al mondo, nei collegi, negli ospizi, negli oratorii festivi, nelle famiglie, promuove, dico, l’amore alla religione, il buon costume, le preghiere, la frequenza ai Sacramenti». «In questi tempi i malvagi cercano di spargere l’empietà e il mal costume, cercano di rovinare specialmente l’incauta gioventù con società, con pubbliche stampe, con riunioni, che hanno per iscopo più o meno aperto di allontanarla dalla religione, dalla Chiesa, dalla sana morale».
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L’articolo fa riferimento in particolare al numero 4 del documento conciliare Ad Gentes: «Per realizzare questo [piano salvifico], Cristo inviò da parte del Padre lo Spirito Santo, perché compisse dal di dentro la sua opera di salvezza e stimolasse la chiesa ad estendersi. Indubbiamente lo Spirito Santo operava nel mondo già prima che Cristo fosse glorificato. Ma nel giorno della pentecoste si effuse sui discepoli per rimanere con loro in eterno; la chiesa ebbe inizio, fu manifestata alla moltitudine attraverso la predicazione e la diffusione del vangelo in mezzo alle genti, […] Dalla pentecoste infatti cominciarono gli Atti degli Apostoli, come per l’opera dello Spirito Santo Cristo era stato concepito nella vergine Maria e per la discesa dello Spirito Santo in lui chi pregava Cristo era stato spinto a svolgere il suo ministero».
Il Salesiano Cooperatore, nella misura in cui si sente parte viva e attiva della Chiesa, sente l’esigenza di vivere in intimità con lo Spirito e di invocarlo con insistenza, sapendolo presente in modo misterioso ma reale nel suo animo, come Colui che lo sostiene nell’impegno apostolico salesiano.
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Tramite l’opera di Gesù e con l’invio del suo Spirito, Dio ha suscitato la Chiesa perché fosse, con l’azione congiunta di tutti i suoi membri, fedeli e pastori, la cooperatrice visibile del suo piano lungo i secoli. Il Vaticano II ha fatto sua questa visione di fede già nelle prime righe della Lumen Gentium, quando qualifica la Chiesa come
«sacramento universale di salvezza», cioè come « segno e strumento di intima comunione con Dio e di unità di tutto il genere umano».
Collocandosi in questa prospettiva, il Salesiano Cooperatore vede nella Chiesa, il «Corpo (visibile e organico) di Cristo», animato dal suo Spirito di Amore: si tratta di una delle modalità più realistiche con cui Paolo designa la Chiesa. «Si sente parte viva» di essa, perché in forza dei sacramenti dell’iniziazione cristiana e della sua vocazione specifica salesiana, ne è divenuto soggetto attivo e corresponsabile.Vede in essa «il centro di comunione di tutte le forze che operano per la salvezza», secondo quanto dichiara il Vaticano II: la Chiesa, «popolo messianico, pur non comprendendo di fatto tutti gli uomini, e apparendo talora come il piccolo gregge, costituisce per tutta l’umanità un germe validissimo di unità, di speranza e di salvezza. Costituito da Cristo in una comunione di vita, di carità e di verità è pure lui chiamato ad essere strumento della redenzione di tutti e, quale luce del mondo e sale della terra,è inviato a tutto il mondo».
< >La riflessione della Chiesa contemporanea sul mistero del Cristo e sulla sua propria natura l’ha condotta a trovare, alla radice del primo e a coronamento della seconda, la stessa figura di Donna: la Vergine Maria, Madre di Cristo e Madre della Chiesa. Dio ha collocato nella sua Famiglia – la Chiesa –, come in ogni focolare domestico, la figura di Donna, che in spirito di servizio veglia per essa e ne protegge il cammino.Nella sua opera salvifica Cristo ebbe come «Cooperatrice» la propria Madre, Maria di Nazareth, a ciò predestinata dalla sapienza del Padre e abilitata dalla presenza del suo Spirito. Il Salesiano Cooperatore vede e venera in Maria Colei che, ‘Serva’ perfetta del Padre a imitazione del Figlio, «ha cooperato in modo assolutamente unico all’opera del Salvatore, come Madre di Gesù;e con Lui co-redentrice, nella gloria con il Figlio, «non cessa di cooperare come Madre e Ausiliatrice del popolo cristiano ».
< >La riflessione su questi misteri illumina la vocazione del Salesiano Cooperatore e la fa comprendere nei suoi aspetti profondi. Con la sua vita ed il suo apostolato quotidiano egli condivide lo stupore e la gioia di san Paolo, chiamato ad essere «cooperatore di Dio, nel suo campo, nella costruzione del suo edificio»: «A me che sono l’infimo tra tutti i santi, è stata concessa questa grazia di annunziare le insondabili ricchezze di Cristo». Anche Don Bosco, a partire dal 1878, fastampare sul frontespizio del Bollettino Salesiano una frase attribuita a san Dionigi 1’Areopagita: «Delle cose più divine la più divina è quella di cooperare con Dio a salvare le anime».