Art. 17. Stile di azione
I Salesiani Cooperatori vivono da “buoni cristiani e onesti cittadini”27, santificano la loro esistenza nel quotidiano e radicano la loro azione nell’unione con Dio. Credono nel valore della vita, della gratuità, della fraternità e del farsi prossimo. Coltivano quegli atteggiamenti che favoriscono l’educazione alle gioie quotidiane e li comunicano agli altri.
SCHEDA
Nuclei tematici
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Stile di azione
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Concretezza, creatività e flessibilità
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Vivere da buoni cristiani e onesti cittadini: impegno civile e politico
Chiavi di lettura
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L’articolo si divide in tre frasi: la prima espone la radice dell’azione del Salesiano Cooperatore; le altre due presentano alcune tipiche caratteristiche: realismo flessibile e il coraggio pronto al sacrificio. Si tratta dell’azione del Salesiano Cooperatore, o forse meglio dell'aspetto attivo e operativo della sua vita in tutti i campi, e più particolarmente nel campo apostolico.
Tra i santi, Don Bosco è uno di quelli che ha lavorato di più per il Regno e che ha esaltato di più il lavoro compiuto per il Regno, che è il cooperare con Dio nella realizzazione del suo piano di salvezza. Egli nei settantatre anni della sua vita ha realizzato: opere giovanili (oratori, scuole per studenti e per artigiani, centri vocazionali), opere popolari (stampa principalmente), opere missionarie (organizzazione di undici spedizioni); fondazione di tre Gruppi apostolici (in mezzo all’incomprensione di molti); costruzione di quattro chiese (di cui due oggi sono basiliche); direzione spirituale (specialmente mediante la confessione); lavoro di scrittore popolare (un centinaio di libri e opuscoli); mediazione tra la Santa Sede ed il nuovo Stato italiano; numerosi viaggi (alcuni lunghissimi: Parigi, Barcellona). E insistette con una forza straordinaria sul lavoro presso i suoi figli, promettendo loro «pane, lavoro e paradiso». «Ecco lo scandalo di un santo - nota don Caviglia -: dice molte più volte ‘lavoriamo’ che non ‘preghiamo’». Sul letto di morte, per due volte disse a don Rua: «Ti raccomando di dire a tutti i salesiani che lavorino con zelo e ardore». Questo lavoro è animato da una ininterrotta e profonda vita interiore. Non si tratta solo del lavoro materialmente compiuto, ma di un lavoro che ha un’‘anima’: la carità pastorale, la consapevolezza di ‘cooperare’ con Dio creatore e redentore per il suo Regno.
Il Salesiano Cooperatore è convinto del valore dell’azione. Non dice mai: Non c’è niente da fare! Il Salesiano Cooperatore si accorge concretamente dei bisogni della Chiesa, del mondo, dei giovani, del paese, della città, del quartiere. Al Salesiano Cooperatore personalmente ed ai Salesiani Cooperatori come associazione l’invito è di ‘cooperare’ con Cristo per la riuscita del suo piano di salvezza. Allora, come non essere nei vari compiti, «deciso, disponibile, generoso»? Oppure con una parola forse più tipicamente salesiana, già applicata a san Francesco di Sales: ‘zelante’? Lo ‘zelo’ è l’operosità ardente e appassionata.
Basterà rilevare che tale operosità è azione motivata e animata interiormente, «radicata nell’unione con Dio» per il quale in definitiva viene compiuta. Don Rinaldi trovò ancora una volta la formula sintetica giusta: occorre acquistare
«quella operosità instancabile santificata dalla preghiera e dall’unione con Dio, che deve essere la caratteristica dei figli di Don Bosco».
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Questa operosità ha delle caratteristiche nettamente salesiane.
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Attenzione alla realtà: chi legge la vita di Don Bosco s’accorge che tutte le opere che ha successivamente lanciato sono state decise a contatto con la realtà vissuta, dopo la scoperta di necessità o di urgenze del momento e del luogo, nelle quali discerneva un appello di Dio: «Sono sempre andato avanti come il Signore mi ispirava e le circostanze esigevano». Così il Salesiano Cooperatore si fa sensibile allo sviluppo delle idee ed all’immediatezza concreta delle persone e degli avvenimenti.
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Iniziativa creativa: Don Bosco è stato «creativo», pieno di immaginazione pastorale, non per il piacere di lanciare delle novità, ma per sperimentare soluzioni efficaci, rispondenti alle urgenze. E più di una volta, ha dovuto rischiare e affrontare le critiche e le incomprensioni altrui. Scrisse un giorno ad un Salesiano Cooperatore per incoraggiarlo nella fondazione di un’opera salesiana: «Nelle cose che tornano a vantaggio della pericolante gioventù o servono a guadagnare anime a Dio, io corro avanti fino alla temerarietà!».
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Flessibilità funzionale: ossia fedeltà alla vita e al suo movimento, più che a certe leggi e strutture. Le persone e gli ambienti evolvono, soprattutto tra i giovani, che sono per lo più le forze più sensibili all’avvenire. Da qui la necessità di due impegni: verificare periodicamente la propria azione per giudicarne la reale efficacia; riadattarla continuamente per mantenerla efficace secondo il ritmo della vita.
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Dall’articolo emerge anche un punto prospettico dentro cui inserire una riflessione, proposta dal Concilio Vaticano II, laddove nella Gaudium et spes al numero 75 afferma: «Tutti i cristiani devono prendere coscienza della propria speciale vocazione nella comunità politica; essi devono essere d’esempio, sviluppando in se stessi il senso della responsabilità e la dedizione al bene comune, così da mostrare con i fatti come possano armonizzarsi l’autorità e la libertà, l’iniziativa personale e la solidarietà di tutto il corpo sociale, la opportuna unità e la proficua diversità. In ciò che concerne l’organizzazione delle cose terrene, devono ammettere la legittima molteplicità e diversità delle opzioni temporali e rispettare i cittadini che, anche in gruppo, difendono in maniera onesta il loro punto di vista». Un testo che poco sotto aggiunge: «Bisogna curare assiduamente l’educazione civica e politica, oggi particolarmente necessaria, sia per l’insieme del popolo, sia soprattutto per i giovani, affinché tutti i cittadini possano svolgere il loro ruolo nella vita della comunità politica» (Gaudium et spes, n.75).
Se consideriamo seriamente queste parole dei Padri conciliari, allora la sfida è quella di mostrare che nel rapporto fede-vita tra il culto celebrato e la vita che si svolge nello scorrere dei giorni non si devono produrre cesure, dentro un contesto sociale che non può rimanere indifferente al credente e nel quale ciascun cristiano è chiamato a spendersi con tutta la sua fede. In tal senso allora si comprende perché “tutti i cristiani devono prendere coscienza della propria speciale vocazione nella comunità politica”: la polis, la città dell’uomo è il luogo principale dove emerge anche l’essere credente del Salesiano Cooperatore.
Dovrebbe allora essere compito dell’Associazione ai vari livelli assumersi la responsabilità di formare tutti i SSCC già già nel periodo di formazione iniziale, a questa attenzione alla società così che nessuno si senta estraneo a quanto accade laddove vive.
Con realismo dobbiamo dire che purtroppo non è così scontato che si trovi un’attenzione all’incidenza della fede nella vita e alcuni argomenti sono taciuti, talora semplicemente a causa dell’impreparazione. Non se ne parla perché non si sa cosa dire, mancano gli strumenti culturali per affrontare, senza cadere in luoghi comuni, argomenti come la libertà, la democrazia, la giustizia sociale, il lavoro, la vita economica, la salvaguardia dell’ambiente, tutti temi ben affrontati nel “Compendio per la Dottrina Sociale della Chiesa”.
Il Salesiano Cooperatore si convince allora che nella formazione si debba maggiormente dare spazio allo studio della Dottrina Sociale, così come affermato in modo esplicito nella Sollecitudo rei socialis laddove al numero 41 troviamo scritto circa la Dottrina Sociale: «Suo scopo principale è di interpretare tali realtà, esaminandone la conformità o difformità con le linee dell’insegnamento del Vangelo sull’uomo e sulla sua vocazione terrena e insieme trascendente; per orientare, quindi, il comportamento cristiano».
Parola di Dio e Dottrina Sociale della Chiesa è il binomio che offre i contenuti per un’autentica formazione all’impegno socio-politico.
La Parola di Dio non è sempre conosciuta, malgrado il grande rilancio del Vaticano II attraverso la Costituzione dogmatica Dei Verbum. Eppure già nella Bibbia troviamo i fondamenti etici dell’impegno sociale e politico della persona. Con linguaggi e contesti differenti i vari libri dell’Antico e Nuovo Testamento mostrano un’etica personale e sociale che viene assunta da Gesù. Il Verbo fatto carne mostra la via dell’amore e invita ogni uomo a fare come ha fatto Lui. Il comandamento dell’amore diventa esempio concreto nel modo in cui Gesù accetta la croce e muore perdonando i suoi persecutori e prendendo su di sé il peccato del mondo.
Il Vangelo di Gesù è declinato poi nella Dottrina Sociale della Chiesa che i Pontefici presentano nel tempo per affrontare e rispondere alle domande che sorgono dentro il vivere sociale.
La Dottrina Sociale va inserita dentro la storia del pensiero cristiano, fatto da uomini e fatti. In tal senso un itinerario formativo dovrebbe prevedere dei momenti in cui presentare testimonianze passate e presenti di uomini e donne che hanno incarnato nella loro vita i valori del Vangelo e sono stati esemplari. Queste figure dicono che è concretamente possibile vivere da cristiani nella società.
Alcuni richiami del Magistero sono qui quanto mai opportuni:
«Per servire la persona e la società i fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla “politica” destinata a promuovere il bene comune, come bene di tutte le persone e di tutta la persona perché tutti siamo veramente responsabili di tutti» (“I fedeli laici” - ChL - n. 42). Anche «i giovani devono essere considerati e preparati ad essere soggetti attivi, protagonisti e artefici del rinnovamento sociale» (ChL, n. 46).
«Una fede autentica - che non è mai comoda e individualista - implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo, di trasmettere valori, di lasciare qualcosa di migliore… Tutti i cristiani sono chiamati a preoccuparsi della costruzione di un mondo migliore» (“Evangelii Gaudium” - EG - n. 183).
Sono moltissimi i percorsi contenutistici che si possono impostare. Una griglia ci è data dall’indice del Compendio per la Dottrina Sociale della Chiesa. Il principio personalista, la solidarietà connessa alla sussidiarietà nella ricerca del bene comune trovano applicazione nelle grandi questioni del vivere sociale che sono trattate nel compendio: famiglia, lavoro, vita economica, comunità politica, comunità internazionale, salvaguardia del creato, pace.
I contenuti sono molteplici e ogni percorso può muoversi con libertà a partire dagli aspetti che sente più urgenti.
Il Salesiano Cooperatore nei percorsi proposti è consapevole di come siano coinvolte le virtù, sia teologali che cardinali. Lo scopo di tale formazione è quello di aiutare chi partecipa ad avere criteri per discernere il tempo che vive. La formazione della coscienza resta il vero obiettivo di fondo e per questo siamo chiamati ad avere particolare attenzione al metodo proposto: «Alla politica e alle varie associazioni compete uno sforzo di formazione delle coscienze» (“Laudato si’” - LS - n. 214). Si tratta di prendere coscienza di quello che accade e «riconoscere qual è il contributo che ciascuno può portare» (LS, n. 19).
Il Salesiano Cooperatore seguirà il metodo dell’esperienza per cercare una strada che apra il cuore e la mente. Lo scopo è quello di formare persone libere e capaci di pensare l’attualità avendo come criteri di fondo quelli suggeriti dalla Chiesa attraverso la Parola e la Dottrina Sociale. L’obiettivo è di far crescere uomini e donne che non solo sappiano, ma desiderino con passione mettersi in gioco nella società ed essere protagonisti della città dell’uomo. Non è detto che tutti debbano impegnarsi direttamente nella vita politica dei partiti. Alcuni faranno la scelta di mettersi al servizio dell’amministrazione pubblica e altri invece animeranno dall’interno l’Associazione.
Insieme a questo obiettivo ve n’è un altro fondamentale: formare persone che coltivino la difficile arte dell’ascolto e del lavoro con altri. Infatti, una delle cifre della post-modernità è precisamente la frammentazione che ha generato stili individualistici e di eccessivo protagonismo. Invece la Polis si costruisce insieme. Per questo formare al lavoro comune è compito urgente di ogni ambito della Chiesa e anche di quello socio-politico.
La prima grande sfida consiste nel declinare la Dottrina Sociale della Chiesa in modo da renderla interessante. Nel trovare un metodo per suscitare interesse nei giovani così che si mettano a leggere i testi magisteriali.
Max Weber afferma: «Per l’uomo in quanto uomo non ha valore alcuno ciò che non può fare con passione» (M. Weber 2004,14).
Nell’ambito dell’educazione il Salesiano Cooperatore scorge che la passione educativa è fondamentale caratteristica per trasmettere i valori; lo stesso dicasi per il socio-politico: servono persone appassionate che trasmettano anche col timbro della voce la passione per quello che stanno raccontando. Passione è anche accettazione del dolore nel vedere che le cose non sono come vorremmo, ma è desiderio profondo che si può migliorare, che si può costruire una città più a misura d’uomo, dove i poveri e gli ultimi non siano dimenticati.
Un secondo elemento emerge da uno scritto di Norberto Bobbio degli anni ‘50: «Quello che importa, oggi, è di sfatare l’incanto delle parole magiche, che alimentano la speranza dell’avvento e addormentano l’alacrità della ricerca» (N. Bobbio, 2005, 6).
Non basta poco per comprendere le dinamiche socio-politiche. É richiesta l’onestà intellettuale di chi accompagna senza avere già tutte le risposte preconfezionate. La stessa Dottrina Sociale della Chiesa mostra delle strade che vanno però percorse e attualizzate nel quotidiano.
Non accontentarsi di risposte superficiali, il sapere che lo stile è quello del contadino che semina e attende con pazienza che l’erba cresca e sa che è inutile ogni tentativo di tirare l’erba per farla crescere più in fretta, perché il risultato è precisamente l’opposto: il filo d’erba tirato si spezza.
Infine, un terzo elemento lo evoca una poesia di Padre Turoldo. Così si esprimeva questo religioso e poeta del‘900:
«Sono vagabondo come il vento, / libertà è il mio tempio e casa. / Ad altri accumulare tesori / che ladri scassinano, / a me basti la gioia di cantare. / Almeno il povero sia un amico sicuro, / ogni zingaro un antico fratello, / ogni donna perduta un segno / ogni fanciullo / certezza / che la vita…» (“La gioia di cantare”, P. D.M. Turoldo, 1997, 420-421).
Questa poesia esprime bene lo stile di chi non smette di porre al centro della sua azione e della sua preghiera la persona. Questa poesia afferma che accumulare tesori non serve e che il Vangelo ci chiama a tutti i livelli ad avere sempre gli occhi puntati sui poveri.
Chi si forma all’impegno socio-politico, se cristiano, deve sempre avere fisso lo sguardo sullo stile di Gesù, sul suo amare sino alla fine, sul suo distacco dai beni materiali e sull’attenzione a guardare al di là delle apparenze. Sarebbe triste formare politici che poi si prendono cura solo di quelli che li voteranno, solo di quelli che contano e dimenticano i poveri e gli esclusi della terra.