Art. 9. Compito di educazione cristiana
§1. I Salesiani Cooperatori, come Don Bosco, portano ovunque l’impegno di educare ed evangelizzare, per formare “onesti cittadini, buoni cristiani, un giorno fortunati abitatori del cielo”, coscienti di essere sempre in cammino verso una maggiore maturità umana e cristiana.
§2. Condividono con i giovani il gusto di vivere con autenticità i valori della verità, libertà, giustizia, senso del bene comune e servizio.
§3. Educano i giovani ad incontrare - nella fede e nei Sacramenti - il Cristo risorto, perché trovino in Lui il senso della vita per crescere come uomini e donne nuovi.
§4. S’impegnano ad aiutare i giovani a maturare una progettualità di vita per testimoniare la loro presenza cristiana e salesiana nella Chiesa e nella società.
SCHEDA
Nuclei tematici
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Educare ed evangelizzare
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Condividono con i giovani il gusto di vivere con autenticità i valori
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Educano i giovani ad incontrare – nella fede e nei sacramenti – il Cristo risorto
Chiavi di lettura
Se ci si colloca nella visuale della Bibbia e ci si attiene alla concezione della Chiesa proposta dal Vaticano II, ad ogni ‘missione’ corrisponde un ‘servizio’. La Chiesa, partecipe della missione di Cristo, è di sua natura inviata al ‘servizio’ di Dio e dell'uomo. Questo articolo descrive il tipo di servizio umano e cristiano che il Salesiano Cooperatore svolge fra i destinatari privilegiati della sua missione. Tale compito di educazione cristiana è considerato nei suoi aspetti essenziali.
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Educare ed evangelizzare: la comprensione attuale
Il Sistema preventivo porta ad unire intimamente tra loro l'evangelizzazione e l'educazione. «Don Bosco esclude, di fatto, nella sua attività pastorale-pedagogica, una qualsiasi dissociazione tra educazione ed evangelizzazione.
Si è voluto descrivere la sua prassi, con una specie di slogan, nel seguente modo: evangelizzare educando ed educare evangelizzando.
Siamo coscienti che educazione ed evangelizzazione sono attività distinte nel loro ordine. Sono però strettamente connesse sul piano pratico dell'esistenza » (Viganò Egidio, Il progetto educativo salesiano, in ACS n. 290).
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Evangelizzare educando
La preoccupazione pastorale di Don Bosco si caratterizza, e con coerente serietà, per una scelta dell'educazione come area e modalità della propria attività pastorale. Perciò il Sistema preventivo poggia sul fatto concreto della compenetrazione esistenziale che si dà tra “evangelizzazione” ed “educazione” proprio nella linea che ci è stata indicata dall'esortazione apostolica Evangelii nuntiandi (nn. 31-36).
Don Bosco parla di “buoni cristiani e onesti cittadini”; mira alla “santità, sapienza e sanità”, e propone uno stile di vita che comprende “allegria, studio, pietà” (cf. ACG 21 81) promettendo “pane, lavoro e paradiso”.
Così la sua pastorale non si riduce mai a sola catechesi o a sola liturgia, ma spazia in tutti i concreti impegni peda- gogico-culturali della condizione giovanile.
Si situa all'interno del processo di umanizzazione, senza dubbio con senso critico delle sue deficienze, ma anche con una visione globalmente ottimista della maturazione umana, convinto che il Vangelo deve proprio essere seminato lì per portare i giovani ad impegnarsi generosamente nella storia.
Così la sua pastorale tende ad essere utile proprio alla costruzione della nuova Società, tanto che Don Bosco poté presentare a qualche politico, che non accettava una visione di fede, il suo “Sistema”, come un genuino impegno di promozione umana.
A ragione Don Bosco appare in faccia al mondo e alla Chiesa come un “Santo Educatore”, ossia un prete che ha impegnato la sua santità nell'educazione. D'altra parte se il Vangelo è un valore salvifico nella crescita umana e se i ragazzi e i giovani vivono un'età di educazione, la loro evangelizzazione più consona consisterà nell'accompagnarli in un processo educativo per cui la fede si integra come elemento unificante e illuminante la loro personalità integrale.
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Educare “evangelizzando”
L’impegno educativo del Salesiano Cooperatore è finalizzato all’evangelizzazione. La nostra arte educativa è “pastorale”, non solo nel senso che da parte dell'educatore nasce ed è alimentata esplicitamente e quotidianamente dalla carità apostolica, ma anche nel senso che tutto il processo educativo, con i suoi contenuti e con la sua metodologia, è orientato al fine cristiano della salvezza e permeato della sua luce e della sua grazia.
La pedagogia salesiana comporta nella sua globalità l'impegno assai più profondo di aprirsi ai valori assoluti di Dio e di interpretare la vita e la storia secondo le ricchezze del Mistero di Cristo. Essa tiene davvero conto della forza e delle prospettive della risurrezione e considera seriamente la presenza vivificatrice dello Spirito Santo nella Chiesa e nel mondo.
Anche questa modalità dell' “educare evangelizzando” comporta delle opzioni concrete riguardanti il processo edu- cativo. Tali opzioni si riferiscono alla realtà della “persona” dell'educando, alla meta reale e storica della sua crescita, ai contenuti e mezzi di cui abbisogna e alla metodologia che gli sia più benefica nella sua maturazione.
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Condividono con i giovani il gusto di vivere con autenticità i valori
Analizzando i contenuti di questo servizio educativo cristiano ci si sofferma in modo particolare su alcuni valori evangelici di indole sociale: «la verità, la libertà, la giustizia, il senso del bene comune e del servizio».
Sono i grandi valori proclamati dai documenti sociali del Concilio Vaticano II: «Quest'ordine [sociale] è da sviluppare sempre più, è da fondarsi sulla verità, realizzarsi nella giustizia, deve essere vitalizzato dall'amore, deve trovare un
equilibrio sempre più umano nella libertà. Per raggiungere tale scopo sono da introdurre un rinnovamento delle mentalità e profondi mutamenti della società» (Mater et Magistra; Pacem in Terris).
Questi stessi valori sono quelli che il singolo Cooperatore deve portare nella realtà sociale. È quindi naturale che li debba «condividere» con i giovani tra i quali svolge il suo compito di educazione cristiana. È qui in gioco la formazione a un beninteso ‘impegno sociale e politico’.
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Educare alla verità
Ciò che caratterizza la nostra società sono gli enormi cambiamenti che si sviluppano a una velocità vertiginosa. Non viviamo più in un’epoca di mutamenti, ma in un mutamento di epoca. E’ ciò che caratterizza la post-modernità.
La post-modernità è il risultato di un disincanto generale, di una frustrazione con l’insuccesso dei presupposti della modernità. La modernità infatti fu il tempo di grandi utopie sociali; era un tempo di fedi: fede illimitata nella libertà, nella scienza, nel progresso, nell’essere umano; si pensava che la ragione umana, la scienza e il progresso sarebbero stati la soluzione di tutti i problemi; si presumeva che sarebbero finite l’ignoranza, la servitù, le superstizioni religiose, e che l’uomo sarebbe stato completamente felice. Ciò però non è avvenuto (due guerre mondiali).
E allora, la post-modernità è sorta come una svolta dopo, contro e oltre la modernità. E’ l’esaurimento della ragione, la rinuncia ai sistemi, alle ideologie, ma anche alle idee e alla verità. Oggi abbiamo una valanga di informazioni, ma siamo orfani di sapienza. Viviamo una “cultura liquida”. Vi è una diversità di idee, valori, cosmovisioni e stili di vita. Ma ci manca ogni orientamento normativo per la mancanza e la negazione di ogni tipo di assoluto. Le idee postmoderne sboccano nel nichilismo e creano un ambiente di relativismo e politeismo dei valori. Tutto è visto in funzione dell’utile.
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Educare alla giustizia, senso del bene comune e servizio
L’idea che il bene comune sia definito nelle sue forme concrete una volta per tutte, senza discernere il senso che esso assume nella complessità delle situazioni storiche, è sbagliata. La costruzione di un giusto ordinamento sociale, mediante il quale a ciascuno venga dato ciò che gli spetta, è un compito fondamentale che ogni generazione deve nuovamente affrontare. L’impegno dell’«onesto cittadino» per il bene comune è allora piuttosto uno stile di vita, un agire caratterizzato da alcune scelte di fondo, da richiedere a chi sia impegnato o voglia impegnarsi in politica.
Riassumiamo queste scelte in cinque indicazioni che sembrano indispensabili per chi voglia servire il bene comune.
In primo luogo, l’impegno per l’etica pubblica e la morale sociale deve essere indissociabile dall’impegno etico sul piano personale: va rifiutata la logica della maschera, che coniughi «vizi privati e pubbliche virtù». Questo comporta il riconoscimento del primato della coscienza nell’agire sociale e politico e il diritto di ciascun rappresentante del popolo all’obiezione di coscienza su questioni eticamente rilevanti, ma vuol dire anche che la credibilità del politico andrà misurata sulla sobrietà del suo stile di vita, sulla generosità e costanza nell’impegno, sulla fedeltà effettiva ai valori proclamati.
In secondo luogo, nel rapporto con i cittadini il politico dovrà seguire la massima: «Appartenere alla massa e possedere la parola» che significa essere vicino alla gente, ascoltarne i problemi, farsi voce delle istanze di giustizia di chi non ha voce e sostenerle. Non siamo al servizio del padrone di turno ma del popolo. Nell’impegno in vista del bene comune i poveri, i senza parola, i socialmente deboli siano considerati come riferimenti cui è dovuto ascolto e rispetto: lo stato sociale, l’istruzione e la tutela della salute per tutti non sono una conquista opinabile, ma valori irrinunciabili, da tutelare e migliorare liberandoli da sprechi e assistenzialismi che non servono ai poveri.
In terzo luogo, la dialettica politica andrà sempre subordinata alla ricerca delle convergenze possibili per lavorare insieme al servizio del bene comune: corresponsabilità, dialogo e partecipazione vanno anteposti a contrapposizioni preconcette o a logiche ispirate a interessi personali o di gruppo. Il bene comune va sempre preferito al proprio guadagno o a quello della propria parte politica.
In quarto luogo, nel servizio al bene comune occorre saper accettare la gradualità necessaria al conseguimento delle mete: la logica populista del «tutto e subito» ha spesso motivato promesse non mantenute, quando non la violenza e l’insuccesso di cause anche giuste. Occorre puntare al fine con perseveranza e rigore, senza cedere a compromessi che offendono la morale e ritardi ingiustificati e senza mai ricorrere a mezzi iniqui. Ogni scelta fatta in vista del bene comune non va misurata sulla sola efficacia immediata, ma soprattutto sulla sua valenza e il ruolo educativo al servizio di tutti. Come pure, in particolare, l’impegno per i valori fondamentali della tutela della vita umana in tutte le sue fasi, della promozione della famiglia, della giustizia per tutti, del rifiuto della guerra e della violenza in ogni forma e dell’impegno per la pace.
Infine, il cittadino che intende operare per il bene comune deve considerare come scopo del suo servizio il bene di tutti, anche degli avversari politici, che perciò non vanno mai ritenuti nemici o concorrenti da eliminare, ma, al contrario, visti come garanzia di confronto critico in vista del discernimento delle vie migliori per giungere alla realizzazione della dignità personale di ciascuno.
Questo insieme di regole minime per il bene comune rimangono vane se non c’è un’assunzione di moralità che dia a tutti, specialmente ai giovani, ragioni di vita e di speranza! La posta in gioco non è il guadagno di alcuni, ma il futuro che costruiremo insieme.
< >Educano i giovani ad incontrare – nella fede e nei sacramenti – il Cristo risortoIl decreto conciliare sull'attività missionaria insegna che la missione della Chiesa per tutti gli uomini «mira a condurli con l'esempio della vita, con la predicazione, con i sacramenti e con i mezzi della grazia, alla fede, alla libertà e alla pace di Cristo, rendendo facile e sicura la possibilità di partecipare in pieno al mistero di Cristo» (EN, 31-36).
La costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo esplicita questo concetto asserendo che è compito del Popolo di Dio condurre gli uomini non solo a scoprire con la mente, ma a percepire nell'esperienza quale sia, alla luce di Cristo, il significato della vita, del lavoro, della morte, del presente e del futuro per diventare così uomini nuovi.
L'esempio e le direttive di Don Bosco e la tradizione salesiana hanno visto i Cooperatori dedicarsi a tale opera con impegno e attraverso molteplici iniziative, coscienti della grandezza divina del servizio reso sia ai giovani che al popolo. La fedeltà dinamica alla missione ricevuta esige dai Cooperatori di continuare in tale direzione, tenendo conto del contesto attuale della Chiesa e della società.